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Sintesi finale del percorso svolto #24

Siamo giunti alla fine di questo curioso percorso riguardo il tema dell'arte, indagato tra gli aspetti della filosofia e dell'ingegn...

mercoledì 10 giugno 2020

L'arte nella filosofia contemporanea #18

SCHELLING (1775-1854)

"L'arte è l'unico vero ed eterno organo e documento insieme della filosofia, il quale sempre e con novità incessante attesta quel che la filosofia non può rappresentare esternamente, cioè l'inconscio nell'operare e nel produrre, e la sua originaria identità col cosciente. Appunto perciò l'arte è per il filosofo quanto vi è di più alto, perché essa gli apre quasi il santuario[..]. Ogni splendido quadro nasce quasi per il fatto che si toglie quella muraglia invisibile che divide il mondo reale dall'Ideale, e non è se non l'apertura, attraverso la quale appaiono nel loro pieno rilievo le forme e le regioni di quel mondo della fantasia, il quale traluce solo imperfettamente quello reale. La natura per l'artista è non più di quello che è per il filosofo, cioè solo il mondo ideale che appare tra continue limitazioni, o solo il riflesso imperfetto di un mondo, che esiste, non fuori di lui, ma in lui."
(Schelling, Sistema dell'idealismo trascendentale) 

Da queste parole si deduce chiaramente la visione del mondo nella filosofia naturale di Friedrich Schelling, che può essere considerata una filosofia idealistica estetica per la grande importanza data al ruolo dell'arte. Lui infatti vede nell'arte la manifestazione dell'Assoluto, la fusione di due grandi estremi: la Natura e lo Spirito.

SCHOPENHAUER (1788-1860)

"Quando però una causa esteriore, o una disposizione interna ci trae all'improvviso fuori dall'infinita corrente del volere e sottrae la conoscenza alla schiavitù della volontà, e quando l'attenzione non è più rivolta ai motivi del volere, ma percepisce le cose sciolte dal loro rapporto con il volere, ossia le considera senza interessa, senza soggettività, in modo puramente oggettivo, immergendosi tutta in esse, in quando sono mere rappresentazioni e non motivi: allora sopraggiunge, improvvisa e spontanea, quella pace che, sempre dapprima cercata sulla via del volere, ignora sfuggiva, e noi siamo allora perfettamente felici. " 
(Arthur Schopenhauer, il mondo come volontà e rappresentazione)

In Schopenhauer abbiamo una totale accezione positiva dell'arte, considerata, attraverso il suo ruolo catartico, come l'unica terapia esistente al mondo. Infatti il fenomeno artistico aiuta l'uomo a liberarsi, anche se momentaneamente, dalla schiavitù della volontà di vivere, considerata dal filosofo il male più grande, causa di tutte le disgrazie e delle infelicità dell'uomo. L'arte collega il soggetto conoscente al mondo delle idee, facendogli dimenticare per un lasso di tempo più o meno breve la quotidiana lotta per l'affermazione dei propri desideri, destinata al tormento della frustrazione. In particolare però ogni forma artistica si serve della rappresentazione di oggetti sensibili. Questo non vale per la musica, che è quindi considerata la più alta delle arti perché è in grado di realizzare la terapia del male del mondo.

HEIDEGGER (1889-1976)

In Heidegger invece abbiamo quasi una svalutazione dell'artista. Infatti, mentre durante il rinascimento (ma anche dopo) l'artista era considerato come un secondo Dio, per Heidegger, nella realizzazione dell'opera d'arte, l'artista è quasi come se si annullasse per permettere all'arte di esprimersi nella sua massima potenza. Inoltre l'estetica heideggeriana si contrappone all'estetica storicista, che afferma che l'opera d'arte è l'espressione di un'epoca storica. Il filosofo in questione, al contrario, pensa che l'arte non riproduca, né interpreti nessun'epoca; piuttosto è proprio l'opera d'arte a costituire una nuova età e a inventare un nuovo linguaggio. Per cui capiamo l'assoluta importanza data all'arte, talmente fondamentale nel discorso da andare a oscurare persino la figura dell'artista. Inoltre Heidegger, a partire dal senso originario della parola techne, ne riscopre l'affinità con la poiesis, perché entrambe nell'Antica Grecia stavano ad indicare la produzione del vero e del bello.

"L'essenza più profonda della tecnica non è nulla di tecnico."
(Martin Heidegger, La questione della tecnica)


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