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mercoledì 10 giugno 2020

Arte e utopia: immaginare l'immaginizzabile #19

L'utopia è la visione di un qualcosa che desideriamo ma che allo stesso tempo è irraggiungibile. Se pensiamo a un opera d'arte c'è sempre qualcosa di utopico al suo interno. L'arte è qualcosa di ideale, un nostro desiderio concretizzato tramite un colore, una melodia o uno spettacolo. 

Secondo me nell'epoca odierna è difficilissimo pensare a un'utopia. Questo perché, come già spiegato nel discorso sui limiti dello sviluppo, l'uomo ormai ha deteriorato il pianeta e sembra essere ben lungi dal riconoscere i suoi errori in tempo per poter arrestare il processo delle conseguenze che ne scaturiscono oggi e che continueranno a scaturirne in futuro. Per cui, in uno scenario del genere, credo sia molto difficile pensare a un'utopia come la pensò Tommaso Moro con il romanzo Utopia, o Tommaso Campanella ne La città del sole. E proprio per lo stesso motivo è difficile trovare un pensiero utopico nell'arte dei nostri giorni. 

A questo riguardo però oggi voglio sottoporre alla vostra attenzione una mostra che si è realizzata dal 17 settembre al 7 dicembre 2019 alla Ford Foundation Gallery di New York, dal nome Utopian imagination, nella quale emerge il problema del rapporto tra arte e etica.


Credo che questa mostra sia molto singolare poiché incentrata su un futuro utopico e non, come spesso accade, dispotico. La mostra rappresenta la visione di speranza dei giovani artisti che ne fanno parte (tra cui anche LGBTQ+, appartenente a minoranze etniche o disabili), nella risoluzione delle questioni che ci preoccupano sempre più in questi tempi. Insomma hanno immaginato delle narrazione futuristiche in un nuovo mondo su principi di libertà: un'evasione dalla realtà di oggi che è segnata da un pianeta sempre più in pericolo.
In un'intervista la curatrice della mostra si espone con queste parole.

”La trilogia di mostre è ispirata a una citazione di Naomi Klein secondo cui l'impegno sociale non è stato più in grado di tradursi in politiche dai tempi delle lotte per i diritti civili. A quei tempi la gente voleva una vera e completa rivoluzione, un cambio di sistema. Oggi ci sono i professionisti del sociale e ognuno lavora nel suo specifico campo senza che ci sia più una connessione tra le diverse questioni. Queste mostre vogliono rimettere in connessione i diversi campi e affrontare le questioni climatica, sociale, di genere, di razza come una questione sistemica [..]. E attraverso questo filtro possiamo essere inclusivi e creare narrative che esplorano alternative al sistema capitalistico, all'interno del quale non abbiamo possibilità di sopravvivere. Come artista e curatrice, il mio lavoro consiste nel sognare e io sogno la rivoluzione totale.

The prayer catcher, Saks Afridi
 

 
Entrando nella mostra ci appare davanti questa prima opera, che l'artista Saks Afridi espone insieme ad una domanda cruciale: Se tutte le tue preghiere fossero esaudite, cambierebbe il mondo o solo il tuo mondo?. L'opera infatti dovrebbe evocare una navicella spaziale simile ad una Moschea, che ogni 24 ore realizza un desiderio per ogni essere umano sulla Terra.





Android girl, Black girls live in outer space too, Farxiyo Jaamac 
 


L'arista inserisce una donna nera musulmana in ambiente extraterrestre, suggerendo un senso di speranza e possibilità per le giovani donne della sua comunità.
Nell'opera la donna africana è incapsulata in questo abito a forma di navicella. Si tratta di una regina androide, in grado di viaggiare attraverso le galassie, emancipando così quella cultura nubiana soppressa dal colonialismo novecentesco.


Sono presenti molte altre opere originali ed assolutamente interessanti all'interno della mostra, ma ora concludo citando un articolo che ne parla: 
"La duplicità attraversa tutta la mostra e trova completezza, equilibrio e armonia. Complessivamente, il gruppo di opere esposte compone un racconto corale di una civiltà del futuro in cui l’uomo recupera il suo sapere ancestrale e un rapporto simbiotico con la terra che lo ospita. Un futuro, per una volta non distopico, in cui reimmaginare, con gli strumenti dell’arte, la vita sul pianeta." 

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